sabato 28 aprile 2018

Donne senza volto

C'è una ragione sola al mondo per la quale, una persona, decide di lasciare un luogo e partire.
L'irrefrenabile desiderio di scoprire.
Questo non significa che il luogo lasciato non sia bello, il significato della partenza deve essere ricercato nel desiderio di scoperta, nella voglia di movimento e nel piacere di non dare per scontato un luogo ma sapere che c'è, che se un giorno vorrai....potrai tornarvi magari anche solo per un altro respiro.
È così che al mattino presto lasciamo Muscat, la capitale omanita, e dirigiamo i nostri occhi verso nord.
Abbiamo una tappa lunga di fronte, circa 560 km.
Sappiamo che non potremo evitare le ore più terribili anche partendo presto.
Lasciamo l'hotel alle ore 6 del mattino.
Sembra incredibile come l'aria sia già bollente ma non importa, siamo abituati ad affrontare un problema alla volta ed oggi, il problema, sono le distanze e due confini da oltrepassare, la temperatura verrà dopo...
Vogliamo infatti raggiungere la penisola di Musandam, una enclave dell'Oman, pizzicata in un angolo del mondo dagli emirati arabi ma separata dall'Oman stesso.
In altre parole è come se vi fosse uno spicchio di Italia in Normandia......magari fosse così...
Una volta questa strategica penisola era parte dell'Iran, poi non si sa bene in cambio di cosa, l'Iran ha deciso di cederla all'Oman.
Detto ciò, dovremo passare un po' di frontiere per raggiungere la meta odierna.
Il km passano e, nonostante i 47 gradi ( per chi non avesse inteso lo scrivo nuovamente....quarantasette gradi.... ) raggiungiamo la prima frontiera, uscita dall'Oman e ingresso negli emirati arabi.
Nessun problema, tutto ok, partiche semplici e procedura abbastanza veloce.
Dopo circa 100 km arriviamo alla frontiera opposta, ovvero fra emirati arabi e Oman.
Abbiamo già i visti doppi, necessari per un doppio ingresso quindi non ci aspettiamo problemi.
Allo sportello un tipo, barbuto come tutti gli omaniti, vestito di bianco come tutti gli omaniti, con il tipico cappello indossato da tutti gli omaniti, e con un falso sorriso come tutti i cretini.
Controlla i passaporti, poi i visti online che abbiamo memorizzati sul telefono.
A quel punto dice a Gisella: lei tutto ok ma suo marito non può passare perché il visto non va bene.
Dettagli di poco conto che non sto qui a descrivere sta di fatto che gli chiediamo, pur essendo in regola su tutto, cosa si debba fare per avere un nuovo visto per me.
Lui mi risponde che devo compilare un modulo e poi.....ridendo aggiunge......pagare !
Non è il fatto di dover ripagare una cosa già ottenuta ma quel cazzo di sorrisino da saputello mi accende il sangue ( già caldo visto le temperature ) quindi compilo il modulo e poi a denti stretti gli dico " ricordati che il problema non mio....bensì tuo.....perché se non si capace a verificare sul terminale i miei dati...... Significa che i tuoi colleghi all'altra frontiera sono più bravi di te " 
Evidentemente lo tocco nell'intimo, lui si alza in piedi, mi chiede di ripetere ....ed io ripeto.
A quel punto mi chiede di quale colleghi sti parlando, gli ricordo il nome della frontiera da dove siamo entrati la prima volta ovvero Khatma Milaha, lui si risiede, si mette davanti al computer e ad un tratto prende in mano il timbro.
Sbang.....ci timbra i passaporti e con la bocca storta di chi ha dovuto ammettere di essere un cretino....ci lascia passare.
Che la burocrazia a volte sia tortuosa e complessa ci sta, lo accetto.
Ma che uno mi sghignazzi in faccia no, sopratutto se ho ragione.
Quindi, con il sottoscritto fiero e gonfio come un tacchino nel periodo della riproduzione....ripartiamo.
I km che seguono sono pochi, ma talmente intensi che vorremmo non finissero mai.
Le montagne di roccia piovono a strapiombo sulla strada la quale si appoggia su un lembo di terra a ridosso di un mare cristallino.
Si aprono delle insenature, ricordano i fiordi della Norvegia se solo non avessimo quasi 40 gradi di differenza con quei luoghi nordici a noi tanto cari.
I paesini di pescatori si susseguono, isolati fra loro da montagne di roccia e acque limpide.
La strada termina là dove il nostro obiettivo si concretizza, Khasab.
Un paesino di pescatori e contrabbandieri.
L'Iran dista solo 50 km......di mare.
All'imbrunire partono barche in vetro resina con motori elborati e rumorosissimi.
Sono uomini soli, coraggiosi ma fuorilegge.
Trasportano ogni sort di materiale, fra e per l'Iran.
Tutti lo sanno ma nessuno fa nulla perché è buono per l'economia del paese.
.....e chi meglio di un italiano può comprendere certe dinamiche......?
Si mangia un po di humus di ceci attendendo la notte ed il successivo sorgere del sole.
L'ultimo in Oman purtroppo.
Circa 230 km ci separano da Dubai dove ci troviamo ora e dove, poche ore fa abbiamo riconsegnato la moto.
Rammarico.......come sempre per essere alla fine di questa avventura.
Gioia......per essere riusciti a compierla in sicurezza e nel rispetto, come sempre cerchiamo di fare, delle tradizioni dei luoghi che visitiamo.
Questo in particolare, un luogo caldo, davvero al limite per un viaggio in moto a fine aprile.
Un luogo dove ti chiedi come vivessero prima dell'avvento dell'aria condizionata.
Beeeeppp.....è il suono emesso dalle auto che parcheggiano di fronte ai vari coffe shop lungo la strada.
Il suono del clacson, non indica un pericolo, bensì la richiesta da parte del conducente verso il cameriere.
Quest'ultimo esce dal bar, rigorosamente condizionato a temperature siderali e si avvicina all'auto.
Da lì a poco  il finestrino si abbassa di due dita e il conducente sussurra qualcosa.
Passano 5 minuti e poi il cameriere esce nuovamente da bal con i caffè ed in alcuni casi, piatti colmi di cibo rigorosamente consunmati in auto con l'aria condizionata a palla.
Ovviamente per noi in moto, il beeeeepppp sarebbe inutile, visto che non c'è nulla di bello restare seduti in moto con quella calura.
Di consegueza ci troviamo ad essere gli unici avventori seduti dentro al coffee shop, tutti gli a altri utilizzano la regola del beeeepppppppp.
Persino i bancomat sono pensati per evitare di uscire dall'auto.
Lo sportello lo trovi dal distributore, si trova ad altezza finestrino e non devi fare altro che avvicinati con l'auto.
Avete presente un casello dell'autostrada, ecco......quello. Solo che al posto di pagare.....prelevi.
Un luogo particolare l'Oman, un luogo come tutti i paesi di religione islamica visitati sino ad ora.
Tutto, ma proprio tutto ruota attorno alla religione, alle parole di un libro scritto per seminare pace e talvolta utilizzato per seminare morte.
Fatico a fare di tutta un erba un fascio, e quando vedo quella famiglia di francesi, di Parigi per l'esattezza, mamma, papà, tre bimbi piccoli, penso se io sarei in grado di spingere la mia educazione verso il prossimo da me diverso al punto di portare le mie figlie da coloro che, per associazione religiosa, hanno ucciso tante, troppe persone.
Li ammiro ma nel contempo osservo i volti di questi miei fratelli di vita.
Fratelli perché vivono sulla mia terra ed io sulla loro.
Fratelli perché siamo qui per poco ed in quel poco dovremmo cercare di costruire e non distruggere.
Fratelli perché possiamo anche avere idee differenti ma la capacità di rispettare quella altrui senza che questa modifichi la tua, per me, è segno di grande maturità. 
Purtroppo tutti noi abbiamo una malattia che sembra distruggerci e non lasciare scampo alla nostra capacità  di essere uomini, di avere un pensiero e una personalità. 
Il suq, quel mercato che da secoli raccoglie vite.
C'è chi vende, c'è chi compra.
Da millenni è così.
Da millenni, e non capisco perché, in questi luoghi chi vende banane è inserito nel suq delle banane insieme altri mille che vendono banane.
Chi vende vestiti idem, e così via per tutti i generi.
Non sono un imprenditore ma credo che differenziare le botteghe porterebbe giovamento a tutti.
O meglio, onestamente io dopo la terza bottega di banane, un po stufo le sono.......
E se volevo una banana a quel punto, di certo, l'avevo acquista rendendo quindi vano lo sforzo del proprietario della quarta bottega.
Ma non è questa la malattia dei nostri tempi, non è alle banane che mi riferisco.
Bensì al telefonino.
Oggi il suq, è composto da chi vende ( seduto con il capo chino sul cellulare ) e chi compra ( che ciondola con il capo chino sul cellulare )
Il primo. Non so a chi scriva, ma il secondo sono convinto che stia rispondendo all'amica o all'amico su wathsapp.
Schiavi di un mondo fatto di false amicizie, di like, di pollici versi e di visualizzazioni.
Il tutto per poi scoprire che ciò che hai visto nella tua vita, in realtà, è una immagine ricevuta da un amico il quale , a sua volta, l'ha ricevuta da altri......
Mi impaurisce questo mondo e, seppur controcorrente, sono felice di aver vissuto anche solo in parte il mondo del gettone telefonico e della cabina puzzolente.
Ormai tutti, in qualsiasi parte del mondo, si inviano la foto del momento.
Per carità anche io la faccio.
E magari, mentre mi faccio un selfie, cerco di sorridere.
Allora ripenso a tutte le donne di questo mondo.
A quanto si bello il sorriso di una donna, che sia bambina, adulta o anziana.
Nessuna esclusa.
Un gesto naturale che purtroppo oggi molti non solo non ricercano, bensì lo annientano.
In Oman, come in altri mille luoghi, il sorriso di una donna non sai cosa sia.
Può darsi che esista, come può darsi esista il pianto.
Io, ormi dagli occhi di Gisella comprendo il suo stato d'animo, la sua preoccupazione, il suo essere stanca.
Dalla sua bocca, comprendo non solo le parole, ma sopratutto.....sopratutto l'essere felice.
Questo perché io esisto non per me, ma per cercare di rendere felici altri i quali, se vorranno, ricambieranno.
Osservando queste donne, il nero le avvolge, mitica i loro corpi rendendo uguali donne magre a donne meno magre.
Le disumanizza, creando un essere che non può che sentirsi inferiore e camminare un metro dietro all'uomo vestito di bianco.
Sul capo un velo nero.
Solo in alcuni casi lascia intravedere gli occhi, in altri.........il viso è completamente coperto, nascosto al mondo.
Penso ai loro sorrisi, alle loro lacrime, importanti come quelle di Gisella, ma per loro.....invisibili.
Invisibili restano anche per i nostri scatti fotografici, che per rispetto, evitiamo di fare loro.

Non critico, non commento, riporto unicamente ciò che i miei occhi vedono.
Vedono un mondo ancora troppo diverso per essere UN mondo.
Se così davvero è,il viaggio in questa parte del mondo, per noi è terminato.
Rientreremo nel nostro mondo da qui a poco.
Lieti di aver incontrato nuovi amici, 
Visitato luoghi dove la natura ti fa sentire infinitamente piccolo.
Respirato aria bollente ma aria.......
Dormito in luoghi dove era inutile controllare se ti fosse arrivata una mail......tanto il telefono non prendeva.
Viaggiato su sabbie che si spostano da millenni e magari, magari, prima di lasciarsi andare sotto il peso dei miei piedi avranno fatto lo stesso sotto i piedi dei carovanieri di secoli passati.
Ci rimarrà sulla pelle quest'Oman,
Ci resteranno le immagini del sole che, tramontando dietro alle dune, lascia spazio all'aria e alle stelle.
Ci rimarrà sempre e per sempre il desiderio di poter vedere ciò che di più profondo possa esserci al mondo,
Il sorriso delle donne senza volto !


Viaggio in pillole.
Giorni di viaggio 7
Km percorsi 2400 
Temperatura più alta raggiunta 47 gradi
Temperatura più bass raggiunta ( e che ne so......ho avuto caldo sempre )
Problemi ...nessuno
Ricordi....tanti
Lo consigliamo ?
Certo, ma non in moto in particolare in questo periodo. Troppo caldo e strade troppo rettilineo.
Ci torneremo ? .....Inshallah !
A fare cosa ? ......a cercare sorrisi !!

Viaggio terminato, blog terminato.
Il sogno continua.













giovedì 26 aprile 2018

Cento metri alla vita

Muscat, capitale dell'Oman, terrazza al sesto piano del nostro hotel che si affaccia al suq più grande e antico del paese.
Le moschee emettono preghiere e l'aria di questa giornata sa di buono.
Sorseggio una spremuta di anguria ( avessi un prosecco sarebbe meglio ma l'alcol è proibito) mentre ripenso agli ultimi due giorni.
È come spesso accade, mentre Gisella mi osserva chiedendomi come mai non abbia il capo chino sulla tastiera come spesso faccio la sera per scrivere il post.......mi torna in mente un ricordo, un episodio che ha reso indimenticabile una giornata ma, sopratutto, ha fatto nascere un sorriso.

La sabbia del mattino, non ancora incandescente, scricchiola sotto le ruote della nostra moto.
Dallo specchietto retrovisore le dune del deserto si fanno sempre più piccole sino a sembrare una spiaggia lontana.
Puntiamo a est, lasciando il deserto, il suo silenzio assordante e le sue creature.
Percorriamo una pista interna, il desiderio di restare ancora un po' in quel mondo è tanta.
Ad un tratto raggiungiamo un gruppetto di dromedari che lentamente ciondolano lungo la pista.
Il rumore del motore della moto li spaventa ed iniziano a correre.
Contrariamente a quanto farei io, che sarò anche un asino ma per fortuna non un dromedario...corrono lungo la pista precedendoci di pochi metri.
Inizia così una corsa singolare, otto dromedari, una moto, Gisella ed un asino.
L'asino accellera, Gisella e la moto lo seguono alla stessa andatura ed i cammelli scappano voltando il capo di tanto in tanto come per verificare la distanza del nuovo temibile avversario, l'asino appunto.
Ne raggiungo uno, viaggiamo appaiati per alcune decine di metri sino a quando........il dromedario....stramazza al suolo !!!
Noooooooo, sento Gisella urlare ad alta voce dall'auricolare, è morto !
Gli è scoppiato il cuore, insiste Gisella atterrita.
L'asino ferma la moto, ha gli occhi sbarrati verso il dromedario a terra.
Pare agonizzante, ed io inizio ad avere mille sensi di colpa mentre già penso come fare per sbarazzarmi non tanto del corpo del reato ( che sarebbe poi la moto ) bensì proprio del corpo del dromedario.
Beh.....fare una buca nella sabbia del deserto non deve essere difficile, penso fra me e l'asino, ma farla così grande da farci stare un gigante del genere mi sa che sarà dura.
Mi tolgo,il casco, Gisella mi fissa, io fisso il dromedario sulla pista.
Non so davvero cosa fare, sono attimi tremendi, già mi vedo in galera in Oman per aver ucciso, con il solo rumore della moto, uno dei loro simboli.
Ad un tratto, muove le gambe, ruota la testa e con gesta che non saprei descrivere si rialza e si rimette a correre verso i suoi compagni.
Da un lato tirò un respiro di sollievo.
Dall'altra avessi avuto una mazza da baseball gliel'avrei spaccata in testa per il solo spavento che mi ha fatto prendere, senza contare i rimorsi di coscienza.
Detto ciò, più o meno come diceva un tipo circa 2000 anni fa, è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un dromedario riesca a sorpassare un asino in moto.

Ripreso fiato e rimesso a posto la coscienza puntiamo verso il mare, altra sabbia, altre creature.
Ed è lì, su quella riva di un luogo lontano dagli occhi del mondo che si materializza una storia di vita.
Arriviamo intorno le 14.
Decidiamo di fermarci in quanto le temperature superano i 43 gradi.
Attendiamo che il sole rallenti la sua forza dopodiché scendiamo verso il mare.
Scogliere disegnate dal vento sembrano sculture pronte a lanciarsi in acqua.
La sabbia, quella del deserto, ora si rilassa sotto il moto continuo delle onde che, incessantemente, cercano di salire sui pendii della riva.
La sabbia respinge ogni attacco rispedendo il mare indietro e assorbendo l'acqua così da tornare a splendere sotto il sole.
Un brulicare di mille granchi, grandi come una mano, danzano su quella linea di demarcazione fra mare e deserto, fra acqua e sabbia, fra umido e secco.
Hanno due occhietti posti al termine di due antenne, ci osservano e pare vogliano attaccarci.
Ma non appena ci accingiamo ad avvicinarsi loro scappano verso il mare.
Se retrocedo di un metro, loro risalgono di un metro, e così mille granchi, Gisella ed il solito asino giocano per circa un ora.
Sino a quando, una strana e lunga orma sulla sabbia attrae la nostra attenzione.
Pare essere stata lasciata da un grande cingolo che dall'acqua è uscito per dirigersi verso la terra ferma.
La cosa davvero non me la spiego, perché un cingolo solo....?
Perché una traccia sola ?
Quindi cessiamo momentaneamente di intrattenere i mille granchi giocherelloni e seguiamo la traccia del cingolato.
Questa sale verso la spiaggia, là dove la sabbia è asciutta e non bagnata dal mare.
Ad un tratto scorgiamo una buca ed in essa.....la vita.
Una tartaruga gigante, lunga circa un metro e dieci, è intenta a depositare le uova.
Con le pinne ( o zampe che siano ) smuove la sabbia per ricoprirle e proteggerle.
Ne può depositare da 80 a 120 ( così ci viene spiegato più tardi ) e da ognuna di esse nascerà un tartarughino minuscolo, che d'istinto inizierà a correre verso il mare.
Solo pochissimi riusciranno a sopravvivere.
La maggior parte morirà per colpa degli uccelli, ma anche delle volpi che di notte si spostano sino al mare.
Altri, moriranno sotto le chele dei granchi giocherelloni i quali, posti a sentinella del confine fra la terra ed il mare, divorano tutto ciò che esce e tutto ciò che entra........
Osserviamo questa fonte di vita, pesante 250 kg, quasi immobile sulla terra ma velocissima in acqua.
Penso a quanto sia libera, o meglio quanto lo fosse anni fa quando non erano minacciate da inquinamento, reti, barche, ecc.
Penso a quel tartarughino, che appena nato, di tutta fretta e con il cuore in gola corre, corre, corre, corre verso il mare zigzagando fra mille pericoli.
100 metri da percorrere con il cuore in gola, 100 metri per vivere.
Gisella, sottovoce per non disturbare la mamma tartaruga, mi sussurra.....sarebbe bellissimo vederli nascere e vederli correre verso il mare.
Io penso all'asino del mattino, alla corsa con il dromedario che muore per finta......è già mi immagino di nuovo la mia coscienza, stimolata dalla voce di Gisella che mi incita " salva quello, c'è un granchio che lo vuole mangiare. Vai da quell'altro, attento al gabbiano........la volpe, ecco la volpe attento..."
Poi penso che di uova ce ne sono 120.......troppe per salvarle tutte.
E poi non sono mica venuto qui per stravolgere la natura, bensì solo per imparare da essa.
Cosa ho imparato ?
Beh.....intanto che a volte fingere di essere morto vale una vittoria.
Ma sopratutto che non è assolutamente detto che un ostacolo o una difficoltà si possano superare.
Ma come quei 120 piccoli, minuscoli tartarughini, occorre provarci, correre, correre, correre, verso quell'istinto che ci dice dove andare e cosa fare.
Mai voltarsi indietro e una volta raggiunto il mare.......non pensare di essere salvo, perché sei ancora piccolo e per diventare grande .......dovrai prima di tutto esserlo.

Dedicato a tutti













mercoledì 25 aprile 2018

Desert Stars

In un diario di viaggio nutro sempre il dubbio se raccontare, in sintesi, il trascorrere della giornata lungo i km di quelle mille strade che abbiamo percorso.....oppure lasciarmi andare a quella sottile e inconsapevole trasposizione di pensieri che diventano parole, testi e conservarli per quel giorno.....quando sarò così vecchio da non poter più cavalcare moto e tantomeno solcare i cieli di questo mondo....
Questa sera, in questo luogo remoto, non posso davvero mischiare il sacro con il profano.
Non posso tediare me stesso e voi raccontandovi banalmente delle ore passate in moto sotto il sole cocente.
Non sarebbe giusto e rispettoso per voi ma neppure per me quando, ormai privo di una forza che non ho ma che cerco di generare cercando in me stesso l'energia di andare oltre, cercherò i miei occhiali, mi siederò sotto un albero e aprirò le pagine dei racconti di una vita passata a cercare di farla passare nel modo migliore che esista.....viaggiando.
Così, come per incanto, arriviamo in uno sperduto villaggio del quale non ricordo il nome ma ricorderò per sempre il viso di quell'uomo scuro che dal finestrino del fuoristrada mi chiama in inglese " sir, sono qui per prendervi e accompagnarvi al campo" 
Ebbene sì, nonostante mi costi fatica ammetterlo, per andare dove desideriamo andare, dobbiamo lasciare la moto in quanto la sabbia ricopre quasi totalmente i 7 km di pista e la nostra moto a noleggio, studiata e prodotta per strade asfaltate ....non riuscirebbe a compierne neppure 1 senza disarcionarmi.
Il mio nuovo amico mi spiega che la moto lì dove io l'ho parcheggiata non è al sicuro dalla curiosità della gente e quindi lo seguo.
Lui, il suo fuoristrada e Gisella partono e si infilano nei viottoli insabbiati di questo paesino.
Io li seguo e a breve arriviamo di fronte ad un cancello.
Un altro uomo di colore si avvicina, tutti e due sono vestiti con un lungo abito bianco candido.
Il capo avvolto da un turbante anch'esso bianco.
Mi chiedo come riescano ad essere così puliti in un posto dove tutto è sabbia, tutto è polvere.
Il secondo uomo apre il cancello e mi incita ad entrare.
Ingranò la prima marcia ed entro.
Uno spesso strato di sabbia e ghiaia si apre sotto la ruota posteriore della moto ed io, in un attimo, sono insabbiato.
Premo la frizione per non fare spegnere la moto, la rilascio accelerando per cercare di uscire dall'empasse.
La ruota slitta sollevando un polverone atomico.
La moto riparte ed io entro.
Parcheggio la moto sul cavalletto e solo allora, guardando dallo specchietto retrovisore, scorgo Gisella ed i due uomini dietro di me.
Del loro candido abito bianco non rimaneva molto....
Così come il viso sorridente di Gisella cambia e con un solo sguardo mi ha fatto comprendere di aver fatto un gran casino.
Nulla di grave comunque.
Gli uomini si scuotono la sabbia da dosso e da lì a poco, solo dopo aver bevuto un tè caldo e mangiato datteri, salgo anche io sul fuoristrada.
7 km, un brevissimo lasso di tempo per raggiungere il campo.
Attorno a noi solo sabbia e dune.
Un mare giallo di onde quasi immobili.
Il vento le modella e, lentamente le sposta.
Lasciamo le borse nella capanna a noi assegnata, il sole ė ancora troppo violento per fare qualsiasi cosa e non ci resta che attendere.
Intorno alle 5 del pomeriggio si alza il vento del deserto, caldo ma secco.
Non brucia più e il nostro desiderio di vedere per scoprire e poi ricordare si scatena.
Di fronte a noi le prime dune, onde di un mare semi immobile che paiono uscite da film holliwoodiano.
Sembra che da un momento all'altro ci inghiottano.
Le risaliamo sino in cima, perché quella cima è un desiderio, una sfida innata di chi cerca di aggiungere sempre un passo alla propria corsa della vita.
Arriviamo in cima, e gli occhi scorgono la duna successiva, e quindi giù in picchiata, per poi risalire perché una nuova cima significa una nuova sfida.
Non smettiamo mai, camminiamo lasciandoci alle spalle il campo, ormai non più visibile.
Teniamo come riferimento alcune montagne in quanto questo mare di sabbia è largo 80 km e perdersi, oltre ad essere troppo facile, sarebbe troppo grave.
Una duna via l'altra, non riusciamo a deciderci di ritornare indietro.
È come una droga ed io devo smetterla di drogarmi di questa natura così affascinante.
La sabbia è negli occhi, in bocca e ovunque trovi spazio per infilarsi.
Ne siamo pieni ma ancor più siamo colmi di una sensazione di impotenza.
Ci chiediamo se trovarsi in mezzo al mare, da soli, possa dare le stesse emozioni.
Un mondo di sabbia, arso dal sole e tempestato dal vento.
Del tutto inospitale eppure.....ad un tratto, dalla sabbia ormai non più incandescente, fuoriesce una "lucertola".
Ci osserva, si fa fotografare come fosse una diva del cinema e poi, sculettando e scodinzolando, scappa velocissima.
Sorrido al pensiero che anche in luogo così inospitale vi possa essere vita.
E che bello pensare che questa vita abbia saputo trovare in questi luoghi tutto ciò di cui necessita.
È emozionante immaginare che non abbia bisogno di altro.
Un po', davvero, la invidio.
Il sole cala dietro le dune del mare di sabbia, dobbiamo rientrare al campo e cenare.
Siamo stanchi, ma non vorremmo mai andare a dormire.
La notte che ci avvolge mentre, seduti fuori dal capanno scrivo questo post, è di un nero assoluto.
Siamo fortunati perché abbiamo già avuto modo di vederlo noi questo buio.
Ma ogni volta che ricompare e ci avvolge, comprendiamo cosa davvero sia.
Così come su maestà il vento oppure il conte silenzio.
Tutte cose che pensiamo di conoscere, poi......quando ti trovi in questi luoghi....capisci di non sapere un cazzo di cosa siano davvero.
Comprendi solo in quegli istanti, quanto apparentemente tutto ti manca perché il telefono non ha copertura, la televisione non esiste, le luci per le strade mancano così come anche le strade...
Solo allora comprendi che sei piccolo, viziato nonostante l'autostima ti faccia pensare di essere un grande.
Basta poco per ritornare uomo, basta poco per comprendere che la vita è un viaggio e tu lo devi compiere nel migliore dei modi.
Basta un gesto semplice per stupirti di quanto sia bello il buio assoluto della notte nel deserto.
Alza gli occhi al cielo.....

Buonanotte stelle









lunedì 23 aprile 2018

Se i miei occhi potessero parlare

Sappiamo che in questi giorni in Italia fa caldo.....
Ma credetemi.......per sentire Gisella che si lamenta del caldo.....occorre ben altro.
Ore 21 locali in Oman, seduti su un tappeto fuori dal nostro hotel ( unico luogo dove mi sia concesso di fumare ) il termometro ormai segna solo più 37 gradi.....
L'aria è talmente calda che non ricordo quanti litri di acqua ed ogni sorta di liquidi ( birra esclusa in quanto proibita ) oggi abbia deglutito.
Non ricordo però neppure quale sia l'ultima volta che ho urinato, forse stamattina appena sveglio.
Ore 21 qui a Nizwa, cittadina luminescente di notte e incandescente durante la giornata.
Ma andiamo con ordine e ripercorriamo le ore di questa giornata passata nel cercare di andare più forte dei raggi del sole.....senza riuscirvi.
Lasciamo il mare solo dopo due tazze di caffè doppio.
Ci dirigiamo a sud, lasciando la costa e dirigendoci verso le montagne.
Sappiamo che la strada sarà più divertente in quanto, speriamo, meno rettilinea.
Alle ore 9 del mattino l'aria che ci arriva negli occhi pare provenire da un asciugacapelli tanto e' calda.
Abbasso lo sguardo e cerco l'indicatore di temperatura posto sul cruscotto.
Segna già 38 gradi....
In lontananza, dopo circa 150 km dalla partenza, scorgiamo delle forme non nitide, apparentemente montagne .........e con esse immaginiamo la frescura che, dalle nostre parti, è tipica dei rilievi montuosi.
Accelero leggermente, tanto è il desiderio di non sentire più appiccicato sulla mia pelle l'interno dei vestiti che indosso.
Nel contempo però quelle forme a volte paiono scomparire e ci vengono in mente le leggende ( o verità che sia ) delle persone smarrite nel deserto le quali, per la sete, vedono oasi che non esistono...
I km passano e arriviamo al paese posto sotto la partenza della strada che ci porterà sui monti.
Una piccola cittadina, Rustaq è il suo nome, con un castello meraviglioso. 
Ci giriamo attorno con la moto e con i pantaloni che ormai sono un tutt'uno con la mia pelle tanto il sudore gli ha resi appiccicosi.
Ne osservo le mura, i bastioni ed immagino in secoli passati, quanta vita e quanta morte abbiano potuto osservare quelle pietre.
Ci soffermiamo giusto alcuni minuti, giusto il tempo per bere una bottiglietta di succo di limone e menta.
È molto dissetante ma il suo effetto miracoloso svanisce ancor prima di inserire la prima marcia e ripartire.
Poco male, stiamo per salire di quota e ci dirigiamo verso il canyon più famoso della penisola arabica, secondo solo a quello degli Stati Uniti.
A quest'ultimo ci sono legato come se fosse mio.....
Lo visitammo durante il viaggio dall'alaska alla Patagonia e mi rubò il cuore e gli occhi.
Su questo nutro aspettative ma nel contempo sopratutto la speranza che sia fonte di refrigerio.
In parte così è infatti.
Arrivati alla fine della strada asfaltata, la temperatura scende di ben cinque gradi....dai 41 di Rustaq ai " soli" 36 del canyon.....
Siamo soli Gisella ed io, le pietre di un mondo arso dal sole, inermi e silenti come statue che la natura ha creato a guardia di se stessa, ci circondano e talvolta spaventano.
Nere come la pece si stagliano verso il cielo blu finalmente senza sabbia in sospensione.
Vorremmo stare lì per ore, ma abbiamo bisogno di bere e dobbiamo percorrere ancora molti km per giungere a Nizwa dove dormire stanotte.
Questa città, fortemente islamica, non più tardi di 50 anni fa, non era visitabile  da nessun straniero in quanto mal accettato.
Ora è la seconda città dell'Oman più visitata.
Beh......a dirla tutta non è che ti saltino in braccio dalla gioia nel vederti, però almeno non ti scotennano più.....e non è poco.
La birra è proibita, eppure Gisella ed io pagheremmo 50€ per berne una in questo istante.
Devi mantenere atteggiamenti consoni alle loro tradizioni, ovvero non baciarti, non fare effusioni, cercare di coprirti non il capo ma neppure andare in giro in bikini insomma....
Nulla di che, in Iran ad esempio è molto più restrittivo.
Anche qui vi è un castello, grandissimo e risalente al XVI secolo.
Da lontano ruba gli occhi, da vicino ruba e basta.....
Personalmente deludente, artefatto e finto nonostante un tempo sia stato vero.
La lattina di bibita gassata, radicalmente ed islamicamente analcolica, sta finendo.
Ed io non posso, davvero non posso, stare altri dieci minuti seduto qui fuori senza bere......ho seteeeeee.
Scusate ma il caldo rende pazzi, ed io che di mio un po' pazzo già lo sono, mi sono lasciato andare.
Ora salvo il testo, passo a Gì il computer così che lei possa inserire le foto selezionate per il post, dopodiché saliremo in camera dove un condizionatore impostato sulla temperatura di Oslo ci attende.
A quel punto invieremo il post a chi di voi avrà tempo, voglia e cortesia per leggerlo.
Per noi la giornata si chiude qui.
Domani sarà ancora strada, sarà ancora sole, sarà tanto caldo e sabbia.....sarà deserto !

Non sarà il caldo di un giorno in Oman a fermarci, non basteranno 40 gradi e tantomeno l'assenza di birra.
A spingerci sempre oltre, sempre al di là di un ostacolo, di una difficoltà c'è oggi ....come sempre, una natura che non smette mai di stupirci. Una natura che ha creato cose inimmaginabili e che continuerebbe a farlo se non fosse che......ci siamo noi uomini ad impedirglielo.

Anche solo una pietra di questa mattina, fosse anche solo quella, merita di stare là dove un giorno.....milioni di anni prima che le mie ruote la spostassero, direttamente dall'inferno incandescente della terra emerse per essere vista oggi da due piccoli, insignificanti e incandescenti....occhi.

Ora li chiudo.
Buonanotte.










domenica 22 aprile 2018

Il vento caldo del mar Arabico

Sono circa le 10.30 del mattino quando, finalmente entriamo in possesso della moto a noleggio.
Inizialmente la prima moto che ci volevano assegnare presentava alcuni problemi, un rumore proveniente dal motore ed una preoccupante spia rossa accesa sul cruscotto.
I due tipi, dichiaratamente esperti, ma in realtá davvero poco avvezzi insistono per assegnarci quella moto ma io la provo ed al rientro li convinco a cambiare.
Cosí partiamo con un modello uguale ma senza rumori e spie che allarmano il nostro peregrinare.
Usciamo da Dubai, la temperatura sale mano a mano che la sabbia intorno al manto stradale si fa sempre più costante.
Il termometro della moto segna 41 gradi, la gola è secca e gli occhi bruciano per effetto del vento bollente.
Scendiamo a sud diretti a Jebel Haffet dove si trova una montagna che raggiunge i 1200 metri di altitudine. La strada si contorce sulle rocce e finalmente troviamo le curve.
La moto è più legnosa della nostra nel piegare, o forse sono io che devo ancora conoscerla.
Arriviamo in cima e, con in sole che ci accende il capo come due cerini posti vicino al fuoco, lanciamo gli sguardi lontano in quel nulla fatto di sabbia.
Solo una striscia nera di asfalto, dritta come un fuso, ne solca il giallo creando una riga nera perpendicolare all'orizzonte.
Da li a poco, su quella striscia ci siamo noi, occhi socchiusi per ripararci dal vento e dalla sabbia in sospensione e labbra grezze e croccanti come fossero state impanate e poi cotte in olio bollente.
Circa duecento km di sole, caldo e rettilinei infiniti ci separano dal confine con l'Oman.
Lo raggiungiamo circa alle 16 ora locale, le 14 in Italia.
Le pratiche sono abbastanza veloci e in mezz'oretta siamo fuori grazie anche ai visti precedentemente fatti online da Gisella.
Gli ultimi 150 km della giornata ci danno il benvenuto in Oman.
Li percorriamo dirigendoci verso Mussanah, dove ora ci troviamo.
Il mare è di fronte a noi, un vento caldo ma piacevole squoterebbe e asciugherebbe i miei capelli se solo li avessi.
Il buio della notte è arrivato giá da circa due ore, non resta che chiudere gli occhi e lasciare che quest'aria entri dentro le narici, risalga verso il cervello e spinga la mente lontano, verso quel posto misterioso dal quale il vento nasce.
Lo cercheremo, viaggiando verso sud, noi due, sempre alla ricerca di un luogo che non c'è....o magari....esiste nel nostro mondo fatto di sabbia, vento, stelle e sogni.

Buonanotte mondo






giovedì 19 aprile 2018

Risveglio

Il mondo gira in tondo, o quasi, come le lancette di quell’orologio che pare rallentare in autunno per poi riprendere a correre troppo velocemente all’inizio della primavera.

Eh si, per noi bipedi motociclisti, il letargo invernale pare mai finire.

Ad un tratto però sulla pelle scivola un aria tiepida, arriva da lontano come il sole che la produce.

Gli occhi si arricciano, la luce è più forte, la lunga notte si riduce e noi finalmente usciamo dalla tana che ci ha protetti.

E’ il momento !

Ancora una volta, una volta ancora…...... partiamo !

 Si va dove il sole brucia, si va dove la nostra passione ci porta.

Verso quella linea tremolante chiamata orizzonte che, per fortuna, si sposta parimenti al nostro procedere.

Non la raggiungeremo mai !

Ed è questo il bello di un mondo tondo, il sapere che se vuoi, se puoi, il tuo viaggio potrebbe non finire mai.

Never Stop